Il testo letterario si abbellisce con le figure retoriche, ma anche con la ricchezza di aggettivi e sostantivi.

La nostra lingua italiana è in possesso di una varietà sterminata di parole. Costruire una storia è come comporre un mosaico, abbinando fra loro tessere di differenti forme e colori.

Guarda le pennellate di Van Gogh per esprimere un cielo notturno. Tanti diversi colori accostati tra loro in modo tanto sapiente da formare una unità omogenea e tridimensionale.

Intendiamoci, non sono qua a imporre uno stile non personale e forzato. Sono sempre la prima a dire che l’originalità è la chiave per essere scrittori di carattere, quelli che il lettore saprà riconoscere. Una cosa è costruire testi stereotipati e fatti in serie, un’altra è avere la piena padronanza della lingua italiana.

Non è detto, e lo sottoscrivo, che un madre lingua abbia quella piena e totale consapevolezza del linguaggio e delle sue tecniche, dei segreti per raggiungere lo scopo primo di un romanziere, ovvero emozionare.

Tanto tempo fa, alle scuole elementari, ci si esercitava tanto in questo senso. Potevano sembrare attività noiose e sterili, invece erano atte a far costruire al bimbo una cassetta degli attrezzi. Questi strumenti lo aiutavano a diventare, se non uno scrittore, almeno uno in grado di scrivere correttamente una lettera (non usa più) una tesi di laurea, una relazione, un semplice biglietto.

Avanti, dunque, diamoci da fare con la ricchezza di aggettivi e sostantivi.

Un ultimo suggerimento: per chi ha studiato greco e latino sarà più facile, attraverso le etimologie, saper catturare la sfumatura di una parola. Torrido deriva da torreo, che vuol dire abbrustolire (ad es. la torrefazione del caffè). Un caldo torrido è quindi un caldo che tosta.

Giusto per restare in tema di questi giorni di calura.

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